di Francisco Acedo Fernández
(“Sodales” della Pontificia Accademia Cultorum Martyrum; Auditore della Deputazione Granducale sopra la Nobiltà e Cittadinanza)
Abstract
The brief Praeclara Militiae, issued by Pope Benedict XIV on June 8, 1748, has given rise to erroneous interpretations regarding its content and its implications for the Grand Magisterium of the Order of Saint Stephen Pope and Martyr.
In particular, some claim that the brief solemnly confirmed the transfer of the Grand Magisterium from the Medici to the Lorraine, based on statements such as those of Marquis Domenico Serlupi Crescenzi Ottoboni.
However, a careful analysis of the text reveals that the brief specifically grants the knights of the Order the privilege of appearing armed before the Supreme Pontiff, without altering the provisions of the bull His quae pro Religionis propagatione of 1562.
This document has often been cited in the context of the history of the Order of Saint Stephen as a papal act of recognition toward Francis Stephen of Lorraine, Grand Duke of Tuscany.
In particular, the book “Le onorificenze della Casa Granducale di Toscana nella moderna realtà italiana” (“The Honors of the Grand Ducal House of Tuscany in the Modern Italian Context”) by Alessandro Scandola, self-published by the author in Verona, February 2025 – p. 52, states verbatim:
“In fact, the Grand Magisterium, an ecclesiastical office, was entrusted in perpetuity by Pope Pius IV to the Medici, and later, with the brief Praeclara Militiae of June 8, 1748, by Pope Benedict XIV, to the House of Lorraine.”
With this statement, the author continues with the fundamental historical legal assumption upon which he subsequently considers the Order of Saint Stephen to be a “Dynastic Family Order” owned jure sanguinis by the House of Habsburg-Lorraine.
The author also reports that, based on this assumption, the Order has since been regarded as a “Dynastic Family Order” by the Ceremonial Office of the Ministry of Foreign Affairs of the Italian Republic, by the ICOC, by the Order of Malta, by the Institution of the Knights of Saint Stephen of Pisa, and occasionally also by other authoritative international bodies, as well as by some Italian public institutions.
There is therefore no doubt that the misinterpretation of the brief Praeclara Militiae by certain authors in the 1990s has been erroneously perpetuated by later authors, including Scandola, and that this has led to the current procedural flaw of regarding this brief as a reform of the canonical structure of the Order.
However, the document does not confer magisterial dignity nor does it reform the canonical structure of the Order, and its content must be correctly understood within the framework of eighteenth-century papal diplomacy.
Although it is often interpreted as a document confirming the control of the Order by the House of Lorraine, its actual content is much more limited in scope.
By its nature, the Order has therefore never been a Dynastic Family Order of the House of Habsburg-Lorraine, as some authors have tried to suggest by misinterpreting this brief. Rather, it has always been and still remains a State Order of the Crown, belonging to the legitimate Grand Duke of Tuscany pro tempore, who in the present time is H.R.H. the Titular Grand Duke Ottaviano de’ Medici of Tuscany, by virtue of the Papal Bull issued by Pope Pius V on August 27, 1569.
Sigismund of Habsburg-Lorraine, whose dynasty was extinguished following the abdication of the last titular Grand Duke of Tuscany from the House of Lorraine, Ferdinand IV, in 1870, cannot be considered the Titular Grand Duke of Tuscany, nor the Grand Master of the historic Order of Saint Stephen, as I have pointed out in my articles The Rights of the House of Medici over the Grand Duchy of Tuscany and The Order of Saint Stephen Pope and Martyr of the House of Medici.
This study therefore analyzes the brief, clarifies its scope and legal nature, and defines its meaning in relation to the legitimacy of the Order.
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Il breve Praeclara Militiae, emesso da Papa Benedetto XIV l’8 giugno 1748, ha suscitato interpretazioni errate riguardo al suo contenuto e alle sue implicazioni sul Gran Magistero dell’Ordine di Santo Stefano Papa e Martire. In particolare, alcuni sostengono che il breve abbia confermato solennemente il passaggio del Gran Magistero dai Medici ai Lorena, basandosi su affermazioni come quelle del marchese Domenico Serlupi Crescenzi Ottoboni. Tuttavia, un’analisi attenta del testo rivela che il breve concede specificamente ai cavalieri dell’Ordine il privilegio di presentarsi armati davanti al Sommo Pontefice, senza modificare le disposizioni della bolla His quae pro Religionis propagatione del 1562.
Questo documento è stato spesso citato nei contesti della storia dell’Ordine di Santo Stefano come atto papale di riconoscimento nei confronti di Francesco Stefano di Lorena, Granduca di Toscana.
In particolare il volume “Le onorificenze della Casa Granducale di Toscana nella moderna realtà italiana”, di Alessandro Scandola, editato in proprio dall’autore; Verona 2/2025- pag. 52. dice testualmente: “Il Gran Magistero infatti, ufficio ecclesiastico, venne affidato da papa Pio IV in perpetuo ai Medici e poi, col breve Praeclara Militiae dell’8 giugno 1748 di papa Benedetto XIV, ai Lorena”[1]; con questa affermazione l’autore continua con il presupposto giuridico storico fondamentale sulla base della quale considera poi l’Ordine di Santo Stefano come “Ordine Dinastico familiare” di proprietà jure sanguinis della Casa di Asburgo Lorena. L’autore del volume riferisce inoltre come sulla base di questo presupposto l’Ordine sia stato poi considerato “Dinastico familiare” anche dall’Ufficio cerimoniale dal Ministero degli Esteri della Repubblica Italia, dall’ICOC, dall’Ordine di Malta, dall’Istituzione dei Cavalieri di Santo Stefano di Pisa e occasionalmente anche da altri Enti autorevoli di carattere internazionale, nonché da alcune Istituzioni pubbliche Italiane.
Non vi è quindi dubbio che l’errata interpretazione giuridica del breve Praeclara Militia da parte di alcuni autori degli anni novanta sia stata tramandata erroneamente anche dagli autori successivi, fra cui lo Scandola e che ciò abbia causato l’attuale vizio di forma di voler considerare questo breve come una riforma della struttura canonica dell’Ordine.
Il documento, però, non conferisce dignità magistrale né riforma la struttura canonica dell’Ordine, e il suo contenuto deve essere collocato correttamente nel quadro della diplomazia pontificia del Settecento. Nonostante sia spesso interpretato come un documento che confermerebbe il controllo dell’Ordine da parte della Casa di Lorena, il suo contenuto effettivo è ben più limitato.
L’Ordine per sua natura non è dunque mai stato un Ordine Dinastico familiare della Dinastia Asburgo Lorena, come alcuni autori hanno cercato di far credere interpretando erroneamente questo breve, ma bensì è sempre stato ed è tuttora un Ordine statuale di Corona appartenente al legittimo Granduca di Toscana pro tempore esistente, che nei tempi attuali è S.A.R. il Granduca Titolare Ottaviano de’Medici di Toscana in virtù della Bolla Pontificia del Papa Pio V del 27/8/1569.
Sigismondo di Asburgo Lorena, la cui dinastia è stata debellata a seguito della abdicazione dell’ultimo Granduca titolare Toscana della Casa di Lorena Ferdinando IV, avvenuta nel 1870, non può invece essere considerato come Granduca di Toscana Titolare, ne come gran Maestro dello storico Ordine di Santo Stefano come ho segnalato nei miei articoli I Diritti della Casa de’ Medici sul Granducato di Toscana e L’Ordine di Santo Stefano Papa e Martire della Casa de’ Medici[2].
Il presente studio analizza quindi il breve, ne chiarisce la portata e la natura giuridica, e ne delimita il significato rispetto alla legittimità dell’Ordine.
1. Contesto storico e giuridico
L’Ordine di Santo Stefano Papa e Martire fu istituito da Papa Pio IV con la bolla His quae pro Religionis propagatione il 1º febbraio 1562, affidando il Gran Magistero a Cosimo I de’ Medici e ai suoi successori nella dignità granducale: “COSMUS, quoad vixerit , & de inde pro tempore existens, Florentiæ Dux esse deberet, & certo Militum per ipsum Magistrum pro tempore existentem” cioè “COSIMO, per tutta la durata della sua vita, e successivamente chiunque fosse in carica in quel tempo come Duca di Firenze e anche Capo dei Cavalieri come Maestro pro tempore.”
Alla morte di Gian Gastone de’ Medici (1737), il Granducato di Toscana passò a Francesco Stefano di Lorena per decisione delle potenze europee e la connivenza dell’oligarchia toscana. Questa decisione violò quindi le disposizioni ben note a tutti gli Stati del tempo, stabilite nella Bolla Imperiale di Carlo V del 1532 per l’istituzione del Ducato di Firenze in favore dei Medici, le quali stabilivano che, in caso di estinzione del ramo primogenito del duca Alessandro de’ Medici, al Ducato di Firenze sarebbe succeduto in infinito il parente più stretto della famiglia Medici, a prescindere dal suo grado di parentela con la linea primogenita del primo investito al titolo ducale . Questa linea di successione era stata sancita anche dalla Bolla papale del 27 Agosto 1569 data a Cosimo I dal Papa Pio V per l’Istituzione del Titolo Granducale e dalla successiva Bolla Imperiale di conferma di tale titolo data a Francesco I de’ Medici dall’Imperatore Massimiliano II.
Con il passaggio dinastico, anche il controllo sugli istituti medicei, tra cui l’Ordine di Santo Stefano, divenne oggetto di attenzione e di legittimazione. Francesco Stefano desiderava consolidare il proprio ruolo di protettore e amministratore dell’Ordine, il quale, pur essendo istituzione equestre e di Corona, era soggetto a riconoscimento e vigilanza da parte della Santa Sede. In questo contesto, Papa Benedetto XIV emise il breve Praeclara Militiae l’8 giugno 1748[3]
2. Testo latino con traduzione e analisi
2.1. Intestazione e saluto
S. STEPHANI Papae et Martyris Militibus conceditur, ut Ense ad latus instructi coram Romano Pontifice comparere possint.
“Ai Cavalieri di San Stefano Papa e Martire si concede di potersi presentare davanti al Romano Pontefice con la spada al fianco.”
Dilectis Filiis Militibus Sancti Stephani.
“Ai diletti figli Cavalieri di San Stefano.”
BENEDICTUS PAPA XIV
Dilecti Filii Salutem, et Apostolicam Benedictionem.
“Diletti figli, salute e Benedizione Apostolica.”
Analisi: L’intestazione stabilisce l’oggetto del breve: la concessione di un privilegio cerimoniale ai cavalieri. Nessuna modifica statutaria è annunciata.
2.2. Fondazione dell’Ordine
Praeclara Militiae vestrae sub invocatione S. Stephani Papae et Martyris Apostolica facultate per bona memoria Cosmum Medices Florentiae, et Senarum Ducem sub Regula S. Benedicti institutae, Apostolica auctoritate confirmatae, et Apostolicae liberalitatis Privilegiis…
“La gloriosa Milizia vostra, sotto l’invocazione di San Stefano Papa e Martire, fondata con facoltà Apostolica da Cosimo de’ Medici di felice memoria, Duca di Firenze e di Siena, sotto la Regola di San Benedetto, confermata con autorità Apostolica e arricchita dei privilegi della liberalità apostolica…”
Analisi: Si ripercorre la fondazione dell’Ordine da parte di Cosimo I, con enfasi sull’approvazione apostolica. Nessun mutamento viene introdotto nella struttura dell’Ordine.
2.3. Meriti dell’Ordine sotto Francesco Stefano
…decora ac merita, et eximias virtutes, atque illustria exempla Majorum Vestrorum Militum, quae sub felicibus Carissimi in Christo Filii Francisci Lotharingiae, et Barri Ducis, nec non Etruriae sibi subjectae Magni Ducis in Imperatorem electi, atque ejusdem Militiae Magni Magistri auspiciis assidua studiosaque aemulatione provehere contenditis…
“…le distinzioni e i meriti, le straordinarie virtù e gli illustri esempi dei vostri avi cavalieri, che voi cercate di emulare con diligente e assiduo impegno sotto i fausti auspici del carissimo Figlio in Cristo Francesco Duca di Lorena e di Bar, Granduca di Toscana a lui soggetta, Imperatore Eletto, e Gran Maestro della medesima Milizia…”
Analisi: Si elogia l’Ordine sotto la guida del Granduca Francesco Stefano. Il titolo di Gran Maestro è qui riconosciuto de facto, come ruolo esercitato in quel momento, senza sancire diritti ereditari.
2.4. Motivazione del privilegio
…jure exigere videntur, ut Nos etiam, qui Vos de ipsis, et de Apostolica hac S. Sede amplius benemerentes paterna complectimur benevolentia, luculentis Pontificiae Nostrae caritatis, et honorificentiae testimoniis adaugeamus.
“…sembrano a giusto titolo richiedere che anche noi, che vi abbracciamo con benevolenza paterna, riconoscendovi benemeriti verso di voi e verso questa Sede Apostolica, vi arricchiamo con chiari segni della nostra carità e onorificenza pontificia.”
Analisi: Viene esplicitata l’intenzione pontificia di onorare l’Ordine con un segno della benevolenza apostolica, non con una riforma normativa.
2.5. Concessione del privilegio
…singulis Militiae Vestrae Militibus praesentibus, ac futuris… ut… Ense nimirum ad latus instructi coram apparendi, venerandi , atque alloquendi in futurum tempus… uti, frui, et gaudere possint, et valeant, Apostolicam auctoritate earumdem praesentium tenore benigne indulgemus, et elargimur.
“…ai singoli Cavalieri della vostra Milizia, presenti e futuri… che possano e riescano ad apparire, onorare e rivolgersi, armati con la spada al fianco, davanti al Papa… godere, utilizzare e fruire per sempre di tale privilegio, con l’autorità apostolica e per il presente documento, benignamente concediamo e largiamo.”
Analisi: È la parte dispositiva del breve. Si tratta chiaramente di un privilegio cerimoniale. Non si toccano gli statuti né si legittima la trasmissione ereditaria del magistero.
2.6. Clausola di assoluzione
…a quibusvis excommunicationis, suspensionis, et Interdicti… absolventes…
“…assolvendo da qualsiasi scomunica, sospensione o interdetto…”
Analisi: Clausola standard nei documenti papali concessori, per assicurare che eventuali impedimenti canonici non ostino al godimento del privilegio.
2.7. Benedizione conclusiva
Interim Apostolicae huic Nostrae indulgentiae ,ac benignitati adjicimus Apostolicam Benedictionem…
“Nel frattempo, a questa nostra indulgenza e benignità apostolica, aggiungiamo la Benedizione Apostolica…”
Analisi: Conclusione rituale. L’intento è spirituale e onorifico.
Il breve di Benedetto XIV del 1748 non modifica in alcun modo la bolla His quae Pro Religionis Propagatione. Il Papa si limita a concedere un privilegio cerimoniale ai Cavalieri di Santo Stefano e a riconoscere de facto l’autorità del Granduca regnante quale Gran Maestro. Nessuna legittimazione giuridica o ereditaria è espressa o implicita. L’atto rientra pienamente nella prassi dei brevi concessori della Curia romana del XVIII secolo.
3. Confutazione delle interpretazioni errate
Alcuni sostenitori dell’arciduca Goffredo d’Asburgo Lorena citano l’affermazione del defunto marchese Domenico Serlupi Crescenzi Ottoboni, pubblicata in un forum online[4], secondo cui:
“Papa Benedetto XIV col Breve ‘Praeclara Militiae’ dell’8 giugno 1748 confermò solennemente il passaggio del Gran Magistero dai Medici ai Lorena (in Bullarium Benedicti XIV, Prato, 1856, vol. II, p. 551).”
Tuttavia, come evidenziato dall’analisi del testo del breve, questa affermazione non trova riscontro nel contenuto effettivo del documento. Il breve non conferma né trasferisce formalmente il Gran Magistero ai Lorena, ma concede un privilegio specifico ai cavalieri riguardo al portare le armi in presenza del Papa.
In tempi recenti -specialmente in contesti legati alla rivendicazione di titolarità dinastiche dopo la rifondazione dell’Ordine austro toscano di Santo Stefano nel 1971 dall’Arciduca Pietro Ferdinando d’Asburgo Lorena- il breve Praeclara militiae è stato talvolta citato come presunta base di legittimazione pontificia universale per Francesco Stefano di Lorena o per i suoi successori sull’Ordine di Santo Stefano.
Tali letture non trovano fondamento né nel testo del breve, né nel diritto canonico, né nella prassi romana del tempo. La Santa Sede ha sempre distinto tra ordini religiosi e ordini equestri, e tra atti approvatori e atti costitutivi[5]. Il Praeclara militiae appartiene al tipo di approvazione morale, non di costituzione giuridica.
Questo breve è un atto non normativo, di carattere essenzialmente diplomatico ed encomiastico. Non ha forza vincolante in ambito canonico e non modifica le costituzioni originali dell’Ordine. Si colloca nel solco della prassi pontificia di confermare la buona disposizione dei sovrani cattolici verso le istituzioni ecclesiastiche, senza implicazioni di governo diretto.
Il breve elogia la condotta cristiana e il patrocinio cavalleresco di Francesco Stefano di Lorena nei confronti dei cavalieri dell’Ordine di Santo Stefano. Il tono è quello tipico degli atti gratiarum actionis: il Pontefice esprime approvazione morale per la protezione e la continuità assicurata all’Ordine.
Tuttavia, il breve non è un atto legislativo o costitutivo. Non conferisce autorità magistrale a Francesco Stefano di Lorena, né interviene sulle costituzioni dell’Ordine. Il papa non proclama Francesco Stefano “Gran Maestro”, ma lo loda come principe cristiano che tutela un’istituzione cattolica.
4. Il principio canonico di gerarchia normativa.
Nel diritto canonico vige un rigoroso principio di gerarchia normativa fra gli atti del Romano Pontefice. In base a tale principio, un atto pontificio di rango inferiore (come un breve apostolico) non può abrogare né modificare il contenuto di un atto di rango superiore e più solenne come una bolla pontificia. Di conseguenza, una bolla – tipicamente emanata in forma solenne e con valore costitutivo o legislativo – non può essere modificata da un semplice breve, che ha natura perlopiù concessoria o esecutiva. Di seguito si richiamano i fondamenti canonistici e dottrinali di questo principio, con riferimenti al Codice di Diritto Canonico, ai principali manuali e ad autorevoli fonti storiche sul diritto pontificio.
4.1. Gerarchia delle fonti e forza degli atti pontifici
Il Codice di Diritto Canonico del 1983 esplicita il principio gerarchico affermando che gli atti amministrativi non possono derogare alle leggi generali vigenti, a meno che ciò non sia espressamente previsto. In particolare:
Can. 33 §1 CIC 1983: stabilisce che i decreti esecutivi generali (atti amministrativi di portata generale) “non derogano alle leggi, e le loro disposizioni che siano contrarie alle leggi, sono prive di ogni vigore”[6]
Can. 38 CIC 1983: dispone che qualsiasi atto amministrativo singolare (come un rescritto o provvedimento particolare del Papa, quale è il breve) è “privo di effetto nella misura in cui lede un diritto acquisito oppure è contrario a una legge o a una consuetudine approvata, a meno che l’autorità competente non abbia aggiunto espressamente una clausola derogatoria”[7]. In altre parole, un breve pontificio – essendo un atto amministrativo singolare emanato dal Papa in esercizio della potestà esecutiva – non può innovare o abrogare la legge universale precedente (quale una bolla legislativa), salvo che il Papa vi inserisca formalmente una deroga specifica.
Queste norme codiciali riflettono il principio generale di gradazione delle fonti nel sistema canonico: un provvedimento di rango inferiore non può modificare una disposizione di rango superiore senza un intervento espresso del legislatore supremo nella forma adeguata. Come nota la dottrina, le norme amministrative generali non possono innovare la legge universale, sicché qualsiasi innovazione deve essere debitamente approvata in forma specifica dal Papa. Applicando tale principio, una bolla pontificia – che di norma contiene disposizioni generali o costitutive – può essere abrogata o modificata solo da un successivo atto di pari grado formale (ad esempio un’altra bolla o costituzione apostolica del Sommo Pontefice), mai da un atto di livello inferiore come un breve.
4.2. Natura solenne delle bolle pontificie
Le bolle pontificie (dal latino bulla, il sigillo in piombo che le autentica) sono tra gli atti più solenni e importanti del magistero e del governo papale. Tradizionalmente la bolla è la forma utilizzata per emanare costituzioni apostoliche, decreti legislativi di portata generale, definizioni dottrinali o altri provvedimenti costitutivi di grande rilievo per la Chiesa. Ad esempio, importanti decisioni come l’indizione di un concilio ecumenico o la definizione di un dogma sono state promulgate mediante bolle/Costituzioni Apostoliche (si pensi alla bolla Ineffabilis Deus di Pio IX che definì il dogma dell’Immacolata Concezione nel 1854). La bolla è caratterizzata da formule di massimo prestigio: il Papa vi appone il sigillo di piombo e si qualifica con il titolo solenne “episcopus servus servorum Dei”, indicando il carattere ufficiale e perenne del documento. Non a caso i canonisti definiscono le bolle come atti solenni e costitutivi, in quanto creano, istituiscono o stabiliscono qualcosa di stabile nell’ordinamento ecclesiale. Ad esempio, una bolla può erigere una nuova diocesi, promulgare leggi universali o sanzionare in forma irrevocabile determinati provvedimenti. Proprio per questa loro natura di litterae solemnes (lettere solenni), le bolle godono di un’autorità normativa superiore: ciò che è stabilito per bolla acquista forza di legge o di disposizione generale di grado elevato, resistente a modifiche se non tramite atto di pari solennità.
Fonti autorevoli confermano questa natura della bolla. Un manuale ecclesiastico ricorda che le Costituzioni Apostoliche – tipicamente emanate in forma di bolla – sono “atti solenni del Romano Pontefice” rivolti a materie gravi di dottrina o disciplina. Nella prassi, pertanto, la scelta della forma della bolla denota la volontà del Papa di conferire al documento la massima forza giuridica e solennità. Come osserva uno studio sulle tipologie degli atti pontifici, la bolla pontificia è considerata un documento “importante e ufficiale” del Papa, tanto che il Papa dispone di bolle, brevi, costituzioni, ecc., a seconda dell’importanza che intende dare al proprio atto[8]. Una bolla solenne, in quanto tale, può essere equiparata ad una “legge papale” (spesso di natura universale) e dunque non può essere tacitamente superata da provvedimenti minori.
4.3. Carattere concessorio ed esecutivo dei brevi
Il breve apostolico (in latino litterae apostolicae in forma brevis) è invece un documento papale di forma meno solenne rispetto alla bolla. Nato alla fine del XIV secolo, il breve era inizialmente una lettera papale “segreta” o chiusa, priva del solenne sigillo plumbeo (al suo posto vi era un sigillo impresso in cera rossa con l’anello del Pescatore. Col tempo il breve divenne lo strumento ordinario con cui la Santa Sede concedeva favori, dispense, nomine minori o grazie di vario genere. Le fonti storiche sottolineano infatti il carattere concessorio dei brevi. Dunque il breve pontificio è tipicamente un atto di grazia o di esecuzione: attraverso di esso il Papa conferisce privilegi, dispense, nomine particolari o comandi esecutivi, piuttosto che legiferare in modo universale.
Dal punto di vista giuridico, il breve rientra tra gli atti amministrativi singolari emanati dal Papa nella sua potestà esecutiva di governo. Spesso ha natura di rescritto (risposta a una petizione) o di provvedimento particolare rivolto a destinatari specifici, con cui si attua o si applica la normativa generale. Ad esempio, un breve può concedere l’indulgenza per una chiesa, nominare un vescovo, approvare ad experimentum uno statuto: tutti atti che eseguono o concedono qualcosa, senza creare da zero una legge nuova per tutti. Anche quando il Papa emana un breve motu proprio (di sua iniziativa), il suo tenore rimane normalmente esecutivo: spesso i brevi contengono formule come “contrariis quibuslibet non obstantibus” che dispensano da eventuali norme previe per garantire l’efficacia del favore concesso. Ciò conferma che il breve opera nell’eccezione o nell’ambito particolare, senza però abolire in modo generale la disposizione precedente: al massimo, tramite la clausola non obstat, il Papa sospende l’applicazione della legge antecedente in quel caso specifico. In ogni caso, mancando la solennità formale e l’intento legislativo proprio delle bolle, il breve non possiede la vis abrogativa di una legge universale.
4.4. Sulla impossibilità di modificare una bolla con un breve.
In forza di quanto sopra, la dottrina canonistica insegna concordemente che un breve pontificio non può modificare una bolla pontificia proprio perché si tratta di atti di natura e rango differenti nell’ordinamento ecclesiale. La bolla rappresenta un atto solenne e costitutivo, assimilabile a una legge o costituzione apostolica, mentre il breve è un atto esecutivo o concessorio, volto a concedere grazie o a dare esecuzione alle leggi. Permane dunque una gerarchia normativa per cui ciò che è stabilito con forma solenne (bolla) può essere cambiato solo con uguale solennità. Autorevoli manuali di diritto canonico ed ecclesiastico ribadiscono che una norma di grado superiore non è soggetta a modifica da parte di un provvedimento inferiore, salvo intervento espresso del legislatore nella forma dovuta. Allo stesso modo, fonti storiche del diritto pontificio mostrano che le bolle papali erano considerate atti di massima autorità (litterae solemnes) e che eventuali deroghe dovevano anch’esse rivestire forma solenne. In sintesi, il primato della legge ecclesiastica sulle disposizioni amministrative garantisce la stabilità dell’ordinamento canonico: una bolla resta in vigore jusqu’à che il Papa stesso non la revochi o modifichi con un atto pari grado (ad es. una nuova bolla o costituzione apostolica). Qualsiasi breve difforme, invece, senza tale forma equipollente, sarebbe giuridicamente invalido o inefficace nella parte contrastante la bolla precedente[9] . Questa dottrina, confermata sia dal Codice di Diritto Canonico che dalla tradizione giuridica ecclesiastica, tutela la coerenza gerarchica delle fonti normative pontificie e la particolare forza solenne delle bolle rispetto ai brevi.
5. Conclusioni
L’analisi del breve Praeclara Militiae di Benedetto XIV rivela che il documento concede ai cavalieri dell’Ordine di Santo Stefano il privilegio di presentarsi armati davanti al Sommo Pontefice durante determinate cerimonie, senza apportare modifiche alle disposizioni della bolla His quae pro Religionis propagatione del 1562. Le interpretazioni che attribuiscono al breve la conferma del trasferimento solenne del Gran Magistero ai Lorena sono infondate e non supportate dal testo del documento.
Nel diritto canonico, vale il principio di gerarchia normativa per cui un atto di rango inferiore non può modificare un atto di rango superiore: una bolla solenne, soprattutto se di natura costitutiva o normativa, può essere modificata solo da un’altra bolla o da un atto di pari autorità e solennità. Un breve, essendo un atto di rango inferiore, non ha la forza giuridica per abrogare o emendare una bolla. Quindi: il breve Praeclara Militiae (1748) non può modificare né abrogare la bolla His quae (1562) perché: Non è un atto di pari solennità né di contenuto legislativo, è redatto in stile favorevole (non normativo) e contiene una concessione ad ordinem e non una disposizione strutturale.
Il breve Praeclara militiae del 1748 costituisce una testimonianza preziosa dell’Ordine di Santo Stefano. Tuttavia, esso va interpretato nel suo contesto storico e giuridico: come atto di lode e riconoscimento morale, non come fondamento giuridico di una nuova legittimità cavalleresca o magistrale.
Lo studio filologico e giuridico dei documenti pontifici è indispensabile per evitare letture anacronistiche o interessate, e per salvaguardare la corretta interpretazione delle tradizioni cavalleresche e religiose italiane.
Riferimenti bibliografici essenziali
– Benedetto XIV, Praeclara Militiae, breve dell’8 giugno 1748.
– Pio IV, His quae pro Religionis propagatione, bolla del 1º febbraio 1562.
– Costituzioni dell’Ordine di Santo Stefano (1610)
– Codice di Diritto Canonico (1983).
-Acedo Fernández, F. L’Ordine di Santo Stefano Papa e Martire della Casa de’Medici (2025).
– Idem. L’Ordine di Santo Stefano Papa e Martire della Casa de’Medici (2025).
– De Luca, M., Il diritto degli ordini cavallereschi tra Ancien Régime e Restaurazione (2004).
– Gambella, A. L’Ordine di Santo Stefano tra Medici e Lorena (1987).
– Miragoli, E. De Anglicanorum Coetibus atque Presbyterorum Catholicis (2009).
– von Pastor, L. Storia dei Papi, vol. XXXIII (1933).
[1] Cfr. Scandola, A . Le onorificenze della Casa Granducale di Toscana nella moderna realtà italiana (2025). P.52.
[2] Cfr. Acedo Fernández, F. L’Ordine di Santo Stefano Papa e Martire della Casa de’Medici e L’Ordine di Santo Stefano Papa e Martire della Casa de’Medici (2025).
[3] Cfr. von Pastor,L. Storia dei Papi, vol. XXXIII (1933) cit., pp. 204-208, sul contesto politico e diplomatico del pontificato di Benedetto XIV.
[4] Cfr. Serlupi Crescenzi Ottoboni, D. citazione nel forum online I Nostri Avi il 30 settembre 2012, spesso ripresa in ambienti legati alla rivendicazione Asburgiche dell’Ordine.
[5] Cfr. De Luca, M. Il diritto degli ordini cavallereschi (2004), cit., p. 211, dove si distingue chiaramente tra atti concessori e atti costitutivi pontifici.
[6] Codice di Diritto Canonico. Libro I; Norme Generali; Titolo III – Decreti generali e istruzioni (Cann. 29-34) (1983).
[7] Codice di Diritto Canonico. Libro I; Norme Generali; Titolo IV – Gli atti amministrativi singolari – Capitolo I – Norme comuni (Cann. 35-47) (1983).
[8] Miragoli, E. De Anglicanorum Coetibus atque Presbyterorum Catholicis (2009).
[9] Vid. Nota 6.